Libri su Giovanni Papini

2006


Antonia Izzi Rufo

Giovanni Papini nel Novecento letterario italiano

Recensione
pubblicata su: Literary nr. 8/2006




Il saggio, di solito, è "pesante" e, più che con piacere, come avviene per un romanzo d'amore o per un testo di poesia, si legge per conoscerne il contenuto ed esprimere il proprio giudizio critico da confrontare con i giudizi degli altri, si scorre con interesse ma senza eccessivo entusiasmo.

Giovanni Papini nel Novecento letterario italiano (saggio o monografia, o "disegno storico" come lo definisce Dante Cerilli) è tutt'altra cosa: si legge come un libro che crea "suspense" e si chiude solo quando si è giunti alla fine. Perchè, Aldo Cervo, sia quando parla che quando scrive, qualunque sia l'argomento che affronta, "ti prende", ti seduce con il suo discorrere limpido, profondo di significato ma espresso con tono leggero (contrario di pesante), con una serietà frammista a mimica e allegrezza. E tu lo segui con viva partecipazione, perchè vedi in lui colui che discute giocando, che "castigat ridendo mores", per dirla con Jean de Santeuil, e con Orazio "Ridendo dicit verum".

Importante l'"Introduzione" al testo: l'autore spiega il motivo per cui ha deciso di stendere un saggio su Papini: «Frequentavo la facoltà di Lettere Moderne... quando un giorno lessi, su una rivista cattolica, un brano tratto da Un uomo finito (un brano 'toccante', sulla spinta interiore dell'uomo alla sopravvivenza). Lo lessi... fino all'ultimo rigo... Iniziava il mio percorso di scoperta e avvicinamento a Papini, che in men di due anni lessi per intero».

Scelse, poi, la tesi su tale autore, rifiutandone altri. Egli s'era occupato del "primo Papini" e il prof. Salinari, il giorno della laurea, gli disse di "non spingersi, negli anni a venire, oltre il 1913" ... Perchè questo consiglio? Perchè, dopo tale data, "si esauriva la portata significante del polemico intellettuale fiorentino" ... "Per un critico marxista gli scritti della conversione e quelli prodotti durante il fascismo, non avevano più nulla da dire alla Cultura italiana ed europea del tempo". La conversione di Papini al cattolicesimo (dopo la prima guerra mondiale) e il suo accettare gli ideali del fascismo (dal 1935) gli dettero "larga fama", ma deposero negativamente contro di lui.

La storia di Cristo, violenta polemica contro il materialismo contemporaneo, ebbe grande successo in tutto il mondo; l'adesione dell'iconoclasta alle idee fasciste gli procurò favoritismi che non avrebbe avuto altrimenti: la cattedra di letteratura a Bologna, la nomina ad Accademico d'Italia, la possibilità di creare l'Istituto di studi sul Rinascimento. Nonostante ciò, e il fatto che non tutte le letterature riportino il suo nome, non possiamo non riconoscere che Papini ha concorso, con la sua vasta produzione, ad arricchire il nostro patrimonio culturale, "ha" come afferma Cerilli "il grande pregio d'aver contribuito a denunciare la limitatezza degli ambienti italiani e gli ideali della mediocre borghesia dominante nella vita civile e politica". Ancora secondo Cerilli "pare che Papini, attraverso i suoi scritti, metta in mostra la sua 'filosofia', mentre Cervo, da critico, non giudichi l'opera altrui – in uno slancio di trepidazione, di pudore nonché di caparbietà e determinatezza – ma si muova nella materia studiata secondo l'ordine del mondo spirituale, mentale e culturale".

Cervo è una persona discreta e rispettosa, tranquilla (Papini non lo è), è spinto, naturalmente, a mettere in risalto il positivo più che il negativo, di chiunque. Il suo testo, completo in ogni parte, ripercorre la stragrande produzione letteraria di Papini, dalle prime opere alle ultime pubblicate postume, dalle più alle meno significative, dagli scritti giovanili a quelli concepiti in età adulta, alla poesia (non considerata "vera poesia"). "Papini fu un poligrafo", Cervo scrive, "Se avesse provato anche col teatro e con l'epica, i generi li avrebbe percorsi tutti".

E in quale filone letterario collocarlo? Non ha dubbi in merito; egli risponde che si può "inquadrare all'interno di quel complesso filone della letteratura psicologica, decadente nella genesi, che parte da Fogazzaro, passa per Pascoli Pirandello, Svevo, contamina di sé Crepuscolarismo, Futurismo, Ermetismo e parte del Naturalismo pre e post bellico e raggiunge il Carducci delle Odi barbare.

Ottimo lavoro. Un buon libro, che offre una lettura piacevole oltre che interessante.


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